Un
viaggio che ci riporta agli albori della scienza del cielo, quando gli
astri scandivano i tempi per i culti, le semine e i raccolti.
In
occasione delle attività di promozione di Palazzo Traversa in Bra (Cn)
si terrà nelle sale dell’antico edificio tardo-gotico della seconda metà
del Quattrocento la prima esposizione al pubblico della mostra
documentaria "Dai graffiti alle stelle, un viaggio che ci riporta agli
albori della scienza del cielo, quando gli astri scandivano i tempi per i
culti, le semine e i raccolti". Questa rassegna itinerante, curata
dallo scrivente e promossa dall’Associazione Braidese di Cultura "Amici
dei Musei", sarà fruibile nel mese di febbraio del 2000 e cercherà di
illustrare alcuni aspetti dell’archeologia-astronomica mantenendo la
massima aderenza ai più avanzati risultati della ricerca.
Le
tavole della mostra realizzate in modo estremamente vivace e didattico,
toccheranno alcuni temi ricchi di spunti scientifici e culturali
tentando di costituire un veicolo di coesione idoneo a superare
quell’ingiustificata frattura che da sempre ha diviso le discipline
umanistiche da quelle scientifiche.
L’inizio
di questo viaggio nasce in un tempo lontano, quando i capostipiti
dell’umanità alzarono lo sguardo verso il cielo. Sarà stato l’uomo
"erectus" il primo ad osservare la volta celeste?
L’uomo
"sapiens" si era già reso conto dell’importanza del Sole e della Luna, i
luminari del giorno e della notte? E’ chiaro che l’interesse dell’uomo
nei confronti del cielo stellato è sicuramente iniziato molto prima di
quanto si potrebbe immaginare.
La
complessa macchina del cielo era un "entità" impalpabile ma reale, una
sorta di "Lanterna Magica" che attirò l’attenzione di tutti i popoli fin
dai tempi più remoti. Guardare la volta celeste era un fatto
perfettamente naturale e spontaneo tanto che il moto apparente dei
luminari e le particolari silhouettes di alcune costellazioni, portarono
ad un indissolubile connubio tra le osservazioni degli astri e la fede
religiosa.
Con
il passaggio da un’economia di sussistenza ad una di produzione, le
società neolitiche dovevano determinare con sufficiente precisione
l’impostazione dei lavori agricoli. La soluzione del problema si trovava
proprio dove l’uomo aveva imparato a scoprire i primi riferimenti
fondamentali: il cielo.
Nonostante
la "Scienza Astronomica" non fosse ancora nata l’osservazione della
volta celeste, che presso alcune culture raggiunse dei livelli
sorprendenti, veniva in determinate situazioni riprodotta al "suolo"
tramite particolari strutture megalitiche oppure attraverso semplici, ma
non meno significative immagini istoriate sulla pietra.
Attualmente
i monumenti megalitici come alcune incisioni rupestri colpiscono il
visitatore più per le qualità architettoniche e artistiche che per
quelle astronomiche, ma anche questi manufatti costituivano dei "modelli
cosmici", strutture geometricamente ordinate, allineate al Sole, alla
Luna e all’universo stellato, un’espressione delle forze soprannaturali
che i corpi celesti rappresentavano per la maggior parte dell’umanità.
L’interesse
che le società pre-protostoriche coltivavano per l’astronomia "sferica"
viene oggi proposto dalla moderna "Archeoastronomia", disciplina che
studia le conoscenze astronomiche di questi popoli altrimenti detti
"primitivi".
Il
recupero del pensiero di questi antichi adoratori di astri è un tema
profondo ricorrente nella vita dell’uomo e nel suo processo di
identificazione culturale e sociale.
Questa
rassegna intende appunto aprire sistematicamente alla dimensione
suggestiva della ricerca nel passato offrendo, col supporto d’un
apparato espositivo ampio ed aggiornato, la testimonianza viva d’una sua
possibile interpretazione ed una esplorazione dei suoi valori e
significati più verosimili.
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